ALBANIA, LA SESTA LETTERA MISSIONARIA

7 Agosto 2014

“Ti seguiremo dovunque ci condurrai, o Vergine Maria”

 

 

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Carissimi fratelli e sorelle, amici della nostra missione albanese, con non poco ritardo riprendiamo il filo interrotto delle nostre Lettere Missionarie, con il desiderio di continuare a raccontarvi l'esperienza di questi mesi, per condividere con voi qualcosa di quello che il Signore continua a dirci, con la sua Parola e gli eventi quotidiani. Dopo il nostro primo mese di assestamento qui al “conventospedale”, la statua della Vergine Maria di Fatima è venuta a far visita anche alla nostra diocesi, e ci ha coinvolti, inaspettatamente, nel suo pellegrinaggio, chiamando anche noi ad esercitare il ministero delle confessioni. Al seguito della Madonna, dietro invito del nostro Vescovo, pur balbettando ancora poche parole di albanese, ci siamo “buttati” e superando le nostre remore, abbiamo cominciato ad ascoltare le fatiche e le sofferenze, le gioie e le speranze di questo popolo. Un giorno in una parrocchia, domani in un'altra, oggi a pochi minuti, qui in pianura, e l'indomani a qualche ora di distanza, 

 

nel mezzo delle montagne, la Vergine Maria ci precedeva, portandoci al cuore di questa gente: noi l'abbiamo seguita con la pena di non poter ancora capire molto ma, soprattutto, con quella di non avere ancora parole sufficienti per esprimere la nostra vicinanza, un consiglio, la certezza della nostra preghiera. Il pellegrinaggio della Madonna si concludeva provvi-denzialmente con un'ultima tappa presso il monastero delle nostre monache carmelitane; e noi, insieme ai cappuccini, dalla parrocchia siamo risaliti a piedi fino alla “cima del Carmelo”, con una folla di gente al seguito della Vergine. Dopo la messa, dall'alto del Carmelo osservavamo la gente rientrare lieta nelle sue case e villaggi, e sentivamo crescere un senso di gratitudine per Lei, che ci era venuta a prendere e tirar fuori dal nostro convento, per cominciare ad affidarci questi volti e queste storie, e per condurci, infine, qui su, dove ora svettano i pilastri della nostra prossima casa. 

 



 

Con stupore ricordiamo anche come questo nascente Carmelo albanese ha potuto celebrare il 499° anniversario della nascita della santa Madre. “Con stupore” perché, al di là di ogni previsione, la Provvidenza ha disposto che il 28 marzo fossero con noi, non solo il Nunzio Apostolico ma anche il P. N. Generale, Saverio Cannistrà, e il p. Gabriele Morra. Inaspettatamente Santa Teresa si era preparata una festa di “compleanno” di tutto rispetto, perché attorno all'altare di Nënshat c'eravamo tutti: noi frati e le monache e poi, la Provincia, l'Ordine e la Chiesa intera, con i loro rispettivi rappresentanti. La nostra Quaresima si concluse con un ulteriore regalo della Provvidenza. Un benefattore del villaggio ha regalato un'enorme croce in ferro da andare a piantare sulla cima della montagna che domina il nostro villaggio. Inaspettatamente, all'alba si raccolsero tutti gli uomini del villaggio, con i giovani e i bambini: un centinaio di persone, che lentamente risalgono la montagna con sulle spalle i vari pezzi della croce da assemblare in cima. In una mattinata splendida, ben presto il sole illuminò la croce appena issata, che ogni mattina attira il nostro sguardo e suggerisce di rimanere, ancora una volta insieme alla Vergine, ai piedi della croce. Il regalo più grande è stato però toccare con mano la fede di questo popolo, potremmo dire “al maschile”. Già, perché anche qui le chiese sono frequentate in maggioranza da donne; ma, quella mattina c'erano solo uomini, c'era solo la fede “maschile”, che forse ha bisogno di un gesto come questo (una faticosa salita in montagna, un pesante pezzo della croce sulle spalle...) per potersi esprimere e rivelarsi in tutta la sua forza. Rotto ormai il ghiaccio con le confessioni quaresimali, la Pasqua 

 

 

ci ha visti impegnati nella celebrazione dei misteri del Signore Gesù, non solo insieme alle sorelle ma anche in alcuni villaggi della pianura e, soprattutto, delle montagne. Alcuni di noi hanno cantato l'Exultet (o, meglio, lo hanno letto per la prima volta in albanese) già nel primo pomeriggio; poi tutti e tre insieme dalle monache in serata. È la prima Pasqua del Signore in Albania: la festeggiamo contemplando con stupore come questa nostra nascente presenza carmelitana fatica già a trovare il tempo per fermarsi a scrivere una nuova Lettera Missio-naria, per studiare la lingua, per garantire il nostro ritmo di vita. È bella la nostra casa, il “conventospedale”, ci stiamo bene; ma già comincia a crescere il tempo che passiamo in macchina e, soprattutto, quello che passiamo con la gente. Non tantissimo ancora. Comprendeteci! La barriera della lingua è ancora alta; cominciamo appena a capire un po' di più, a comunicare qualcosa. Ogni incontro che facciamo è un pungolo nella coscienza che ci spinge a una nuova determinazione in favore dello studio dell'albanese... ma anche in questo, impariamo ogni giorno a fidarci e ad affidarci, perché non basta la buona volontà. A volte, quando ci volgiamo a guardare questi ultimi mesi appena trascorsi, scherziamo fra noi dicendo che dovremmo suggerire una piccola variante alla formula del Padre Nostro: “dacci oggi il nostro imprevisto quotidiano”. Sì, perché ogni giorno, chissà da dove, spunta sempre un imprevisto a modificare i piani, ad esigere flessibilità, ma soprattutto ascolto delle tante necessità di questa terra. Sarà una visita che riceviamo o che facciamo, un impegno diocesano, una sostituzione di un parroco, una festa parrocchiale, un ritiro da predicare... 


 

Certo è che in quel mese di maggio la Madonna ha continuato a condurci, senza neanche accorgerci della sua mano materna, alla scoperta di questa chiesa albanese, delle sue necessità e delle sue ricchezze. L'imprevisto ormai fa parte del ritmo e quando arriva, ci ricordiamo del nostro “nuovo” Padre nostro e sorridiamo, non solo perché ci vediamo esauditi ma anche perché impariamo che dietro l'imprevisto si cela la mano del Signore. Non sempre è stato chiaro, in questo e quel momento, ma guardandoci alle spalle veramente ci sembra di poter affermare che quello che per noi, tante volte, era un “imprevisto”, faceva parte del piano di Dio, come l'inattesa visita della Madonna di Fatima, che ci invitava a rompere gli indugi e ad accompagnarla per le strade dell'Albania. Non c'è visitatore di questa terra e di questa gente che non sottolinei la grande accoglienza di questo popolo. In ogni casa, anche nelle più povere e piccole, non manca mai la “dhoma e pritjes”, la stanza per gli ospiti, per i quali, ogni volta, si imbandisce la tavola con alimenti e bevande, tutto rigorosamente frutto della terra e del lavoro delle mani di questa gente. Noi lo abbiamo sperimentato tante volte in questi mesi, venendo accolti ed omaggiati in tanti modi. A maggio abbiamo cominciato, anche noi a vivere ed esprimere questa calorosa accoglienza con coloro che, dall'Italia o dall'Albania, sono venuti a trovarci. Ancora una volta inaspettatamente, una dopo l'altra, quasi non c'è stata settimana che non ci abbia visto ad accogliere amici ed amiche, confratelli e familiari, altri missionari e vescovi. Ognuno di loro è stato un dono: chi, leggendo queste righe, si riconosce in questi nostri graditi ospiti continui a sentire la nostra accoglienza, segno di quella ancora più grande che questo popolo continua a riservare ai suoi amici.  Intanto, continua il nostro lento inserimento nella realtà ecclesiale che ci circonda, grazie all'aiuto che prestiamo nelle parrocchie qui attorno, ma anche alla nostra presenza ad appuntamenti ufficiali di carattere nazionale, o a momenti di festa per le poche ordinazioni diaconali o sacerdotali che, in questa terra con poche vocazioni, diventano ogni volta una festa di tutta la Chiesa albanese.  

 

A luglio, qui nella nostra diocesi, molti parroci della pianura sono impegnati nelle missioni estive nei villaggi di montagna; a noi è stato chiesto di sostituirli per le messe domenicali, con relativa predicazione in albanese. Ancora una volta, un imprevisto impone un cambio nella nostra vita, costringendoci a sederci alla scrivania per preparare il testo scritto della predica da leggere durante la messa. Per diverse settimane, tutti e tre, abbiamo sentito tutta la fatica della lingua, avendo bisogno di due giorni di lavoro per riuscire a pronunciare dieci minuti di omelia! Fra una predica e l'altra, siamo anche riusciti a ritagliarci una prima puntata verso il sud, per visitare la missione delle suore alcantarine a Valona e incontrare la piccola realtà cristiana, in gran parte di giovani convertiti, che cresce lentamente in una zona prettamente musulmana. Qui si respira aria di prima evangelizzazione, ed è proprio bello ascoltare le storie di alcuni di questi ragazzi e quello che è costato a ciascuno di loro giungere al battesimo... E a noi, ospiti di passaggio, il Signore regala la prima confessione di una giovane, battezzata la scorsa notte di Pasqua. Ormai dal “conventospedale” si intravvede perfettamente la struttura della nostra casa, in alto sulla collina sopra il villaggio di Nënshat, accanto alle monache. Sì, perché anche i lavori procedono, seppur con qualche sosta imposta dall'insolito tempo estivo, così instabile e piovoso quest'anno. Mentre scriviamo si sta completando il primo solaio e, subito dopo, si procederà con il secondo... e poi la copertura. Secondo la tradizione albanese, abbiamo anche potuto organizzare un primo pranzo con gli operai al completo che in questi mesi, a vario titolo, stanno lavorando per noi. Anche il nostro Vescovo ci ha onorati della sua presenza, sotto-lineando come questa casa sarà chiamata a servire i cristiani di tutta l'Albania, offrendo loro un luogo ed occasioni di ritiro, di formazione spirituale e di incontro. Noi, fra un “gëzuar” (il nostro “cin-cin”) e l'altro, abbiamo espresso il vivo desiderio che i lavori procedano speditamente, perché quando finiranno loro, i muratori, a quel punto, potremo cominciare noi frati. 

 


 

La misteriosa mano materna ci ha accompagnati fin al momento della festa del Carmine. Avevamo programmato un primo pellegrinaggio con la statua della Madonna, dalla parrocchia fino al monastero, risalendo la collina del Carmelo. Contrariamente alle attese, dopo alcuni giorni di caldo afoso, quel giorno un forte temporale ha preceduto la processione e una pioggia leggera l'ha accompagnata. Come non pensare alla piccola nube che saliva dal mare ed annunciava ad Elia la pioggia ristoratrice? Per questo primo appuntamento, e visto il mal tempo, non eravamo in tanti; ma è stato bello ritrovarsi accanto alla Madonna del Carmine, tutti insieme, frati, monache, amici ed amiche, per cantare, per la prima volta in albanese le lodi a Colei che ci ha guidato in questi mesi. Ti seguiremo dovunque ci condurrai, o Vergine Maria. La liturgia della festa del Carmine ci ha aperto gli occhi e guardando indietro a questi ultimi mesi, abbiamo capito meglio quanto vi stiamo scrivendo. Sì, la Madonna, prima quella “di Fatima” e poi quella “del Carmelo” ci hanno tirato fuori dalla nostra casa, ci hanno mandato in mezzo a questo popolo, in tante occasioni; era Lei che ci precedeva, che ci invitava, e noi non ce ne siamo accorti se non quel pomeriggio, vigilia del Carmine, che racchiudeva questi mesi in un ideale abbraccio fra la prima processione di marzo (con la statua di Fatima) e la seconda di luglio (con la statua del Carmine). 

 

E noi dietro di lei, a seguirla dove ci stava conducendo. In quei due pomeriggi la meta era chiara: la chiesa del monastero e lì vicino la casa delle monache e la nostra prossima casa. Ora, anche quando la meta non è sempre così immediata, osiamo sperare che sia ancora Lei a condurci in questi ulteriori primi passi missionari. E Le ripetiamo: Ti seguiremo dovunque ci condurrai... Cari amici ed amiche, come vedete in ogni luogo di missione continua a ripetersi una grazia speciale, che rende noi tre sempre più grati. Ogni cosa che si vive e si propone, anche se assomiglia ad altre già vissute in Italia, qui è sempre nuova, è sempre la prima volta... e questo ci aiuta a riscoprire le eterne verità custodite dalla tradizione della Chiesa e del Carmelo. Che la Vergine guidi i suoi figli è esperienza di ogni cristiano e di ogni carmelitano... in un certo senso, nulla di nuovo sotto il sole! Eppure quanto nuove suonano, sotto questo sole di luglio albanese, queste parole quando le cantiamo su questa collina dove, accanto alle celle delle monache e, presto, vicino anche a quelle dei frati, sorge una chiesa dedicata alla Vergine, Madre del Carmelo. La storia sembra ripetersi, ma qui, lasciatecelo dire, sembra tutta nuova!

 

Nënshat, 7 agosto 2014

 

 

P. Mariano, P. Adolfo, P. Paolo Maria

 



 

 

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MISSIONI CARMELO TERESIANO ONLUS

CAUSALE:   Pro Albania

 

 

 

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