VIAGGIO DELLO STUDENTATO DEL CENTRO ITALIA

ANDALUSIA, MARZO 2014

 

 

Il mese di marzo per la comunità di Pisa è cominciato con la morte inaspettata e silenziosa di P. Michele, che si è spento come una stella assorbita dalla luce dell’alba; qualcuno lo aveva soprannominato “il gigante buono”, e così è stato ricordato il giorno del suo funerale. Dopo la cerimonia delle esequie, la comunità ha vissuto un vero e proprio “mercoledì delle ceneri” per il principio di incendio del retro-sacrestia causato, al termine di un’adorazione eucaristica, dall’infervorato studente che, lasciando i carboncini dell’incenso nel cestino, ha affumicato il convento. L’abbiamo scampata… Ringraziamo Dio che il danno sia rimasto circoscritto, e che ci ha salvato dalle conseguenze nefaste dei nostri peccati!

La quaresima comunitaria è proseguita con un intervento chi-rurgico improvviso all’aorta che si è reso necessario per il P. Maurizio… Quali premesse migliori per il programmato pellegrinaggio dello Studentato in Andalusia, insieme con il p. Massimiliano e la comunità del Cites? Siamo rimasti sul filo dell’in-certezza fino all’ultimo momento prima della partenza, ma alla fine, anche grazie all’aiuto di fratelli di altre comunità, siamo potuti decollare domenica 23 mattina! Ringraziamo Gesù, il Figlio di Dio che ci ama, ed è 

 

 

 

rimasto con noi, donandoci tutto Sé stesso, portando il fuoco sulla terra! Il viaggio sonnacchioso si snoda, con un tratto di percorso in treno da Madrid ad Avila, attraverso la Meseta Ca-stigliana, particolarmente bella dal punto di vista naturalistico, ma assolutamente priva di insediamenti anche rurali; una strada fatta quasi tutta di “nada, nada, nada”, che ci ha portato dritti alla città natale di Teresa: ci accoglie Avila, rannicchiata nelle sue morbide mura merlate, e il Cites, piccolo castelletto stellato, a fianco dell’antico monastero dell’ In- carnazione, acquattato nel verde delle colline… Siamo subito ospitati nella sua struttura contemporanea, tutta interiore, con spazi curvi e ripiegati su sé stessi, in cui è facile perdersi, con piccole e grandi corti/dimore aperte verso il cielo e tante fonti d’acqua che gorgogliano qua e là; siamo a casa: con calore fraterno p. Massimiliano ci fa sentire subito in famiglia insieme con la comunità del Cites, composta da cinque fratelli e una trentina di studenti, religiosi e laici, qualche suora e anche una monaca, che pro- vengono da tutto il mondo: una ‘casa interiore di comunione multiforme’, come fosse una nostra immagine viva ed interiore: ringraziamo la Chiesa che continua ad accoglierci e accompagnarci nel Cuore di Dio.

 

 


Lunedì, ancora un po’ “rintronati”, ci immergiamo nell’Andalusia, il cosiddetto “scrittorio di Giovanni della Croce”: il pullman ci porta a sud, nei luoghi dove il Santo ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita terrena, che ha visto il suo impegno di scrittore, di edificatore di comunione, di costruttore, di uomo che ha accolto la croce con amore; l’Andalusia è lo sfondo della vita di quest’uomo spirituale, nella sua piena maturità, una terra calda, dove la storia ha lasciato tracce ben visibili di diverse culture: un laboratorio multiculturale poliedrico e dinamico. Le colline coperte di uliveti “pettinati”, le montagne innevate della Sierra Nevada, e gli sterminati spazi brulli che si perdono a vista d’occhio, incorniciano qua e là i primi villaggi che abbiamo visitato: Ubeda, la Penuela, Baeza; dalla seconda metà della settimana il viaggio si è snodato attraverso diverse città come Jaen, Granada, Cordoba e Siviglia e si è

 

concluso con la visita del santuario della Vergine del Rocio. Ringraziamo Maria, nostra Sorella e Madre che silenziosamente ci ascolta, ci accom-pagna e intercede per noi.

Di questo viaggio restano impressi innanzitutto i volti e le storie di tanti fratelli e sorelle incontrati in Spagna: abbiamo potuto conoscere qualche convento e tanti monasteri, molto differenti l’uno dall’altro, qualcuno addirittura fondato da Santa Teresa stessa; tutti, a loro modo, ospitali e fraterni. Poi colpisce il fatto che, di ciò che ha costruito San Giovanni della Croce, rimanga oggi quasi “nada”: salendo, a piedi, a El Calvario, troviamo tra gli ulivi solo un piccolo muricciolo dell’antico noviziato che 

 

 

 

San Giovanni era stato incaricato di avviare, mentre a Granada, del convento de Los Martires non resta che l’acquedotto che il Santo contribuì a edificare; si dice che Giovanni abbia piantato lì anche un cedro, oggi maestoso come quell’ albero “piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo”… In effetti resta la sensazione che quanto di più importante il Santo ce l’abbia lasciato in questa nostra fraternità e comunione viva, e nei suoi scritti dove ci indica incessantemente il Solo Necessario: ringraziamo lo Spirito Santo, fuoco che non si estingue con l’acqua, ma che ne viene alimentato, conducendoci piano piano, a camminare nella Verità.