SIA SANTIFICATO IL TUO NOME, VENGA IL TUO REGNO

P. Bruno Moriconi

 

Weekend Arcetri, 14-15 Dicembre 2013

P. Bruno Moriconi

Dottore in Teologia - Licenziato in Sacra Scrittura

 

 

 

 

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San Giovanni della Croce

Arcetri 14 dicembre 2013

 

“La Notte”

Una delle parole più forti, un simbolo, del nostro Santo è quella della NOTTE. L’Avvento è un tempo di attesa segnato anche da questa condizione notturna, in attesa di una luce. Ricordate certamente l’oracolo di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebrevide una grande luce;su coloro che abitavano in terra tenebrosauna luce rifulse.” (Isaia 9,1)

Soprattutto nel secondo libro della Notte S. Giovanni della Croce ne spiega le caratteristiche e le qualità per il cammino dell’uomo.

1) Per esempio in 2N 7,3 (insieme a 2N 3,3; 12,4; 12,7), si dice che la notte che l’anima sta passando è opera del Signore stesso.

 


2) La profondità dell’esperienza di dolore che il Santo va descrivendo non è lontana dal mistero del triduo Pasquale dell’Uomo dei dolori, mistero della nostra salvezza. Insieme alla luce che diffonde nella notte, così come il poema ce la descrive, lo stesso autore in uno dei numeri più duri dal punto di vista descrittivo suggerisce l’analogia cristologica: “Porque en este sepulcro de oscura muerte le conviene estar para la espiritual resurrecciòn que espera” (2N 6,1).

 

3) L’unico compito della sposa è ora di non allontanarsi,ma rimanere in Lui.

S. Giovanni della Croce è un amante di quell’immagine sponsale che abbiamo considerato nelle Scritture: in forma evidente e in forma velata attraverso l’immagine della vigna e dei tralci. Nelle sue opere, la metafora dell’incontro tra sposa e Sposo è sempre immagine dell’incontro tra l’anima e Cristo. Il verbo rimanere, in spagnolo quedar, quedarse, quedème… è ricco di un significato sponsale e intimo, come quello dello stare dello sposa tra le braccia dello Sposo, avendo trovato ormai la pace perfetta. Ecco qui di seguito uno dei testi dove l’anima, dopo una affannosa e notturna ricerca del suo Amato Cristo, lo trova e riposa in lui. È l’ultima strofa della Notte Oscura:

 

8. Quedéme y olvidéme,

el rostro recliné sobre el Amado,

cesó todo y dejéme,

dejando mi cuidado

entre las azucenas olvidado.

 

Tutti i verbi usati dal Santo sono verbi di abbandono, di pacifico abbandono tra le braccia del Dio Forte. La tensione notturna della ricerca da parte della sposa, riposa su questa ultima strofa – anticlimatica - che anche nella sonorità della testo spagnolo suggerisce il riposo pacifico, la quiete guadagnata e che non sarà mai più smarrita (pur non essendo cessata, forse, la notte…).

 

4) Isaia, la prima lettura di oggi, ci regala l’oracolo di speranza che in qualche modo include la parola del Santo. “Se dovrai attraversare il deserto, se dovrai passare per il fuoco…, se dovrai…non temere, io sarò con te!” Attraverso quelle “soglie di vita” avviene la “purgazione” e la Sposa si fa bella per l’incontro con Dio.

 

Il Natale che viene è la celebrazione del Dio-con-noi. Concretamente, nella carne, Lui sarà e rimarrà con noi.

 

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