Lucia

Si può leggere di un Paese, studiare la sua storia, informarsi sugli usi della gente , le tradizioni; ti senti già un po’ dentro e credi di sapere ….poi sbarchi: con la nave, con l’aereo o come noi, in questa occasione dopo venticinque ore di auto, attraversando ben cinque frontiere. Ci siamo disabituati, qui in Europa alle frontiere; ci sentiamo tutti uguali, la moneta ci accomuna. Dell’Ex-Jugoslavia avevo un’idea sfumata: una serie di nomi di Paesi accostati fra loro in qualche modo. Il passaggio in auto  permette di vedere spiagge incontaminate,  montagne brulle e piccoli paesini non così diversi dal resto d’Europa; già perché questa fascia di terra è fisicamente dentro l’Europa. Le frontiere però riportano a una realtà diversa. Basta poi uno sguardo a città come Dubrovnic per sentire un tuffo al cuore: il contrasto fra la bellezza di questa città, la densità di storia che raccontano le sue mura e il dramma qui vissuto una manciata di anni fa lascia attoniti. Passiamo poi in Bosnia Erzegovina per pochi chilometri, anche qui l’aria e’ intrisa di storia; i volti della gente rimandano a volti di un dramma vissuto da troppo poco. Questa è l’impressione percorrendo la strada: una lunga arteria talvolta desolata ma che, a modo suo, nutre di turismo anche questi luoghi apparentemente dimenticati dal resto d’Europa. Diventa assolutamente prossimo, il passato, quando, qualche giorno più tardi, ci rechiamo in Kossovo: paese senza turismo; una piccolo fazzoletto di terra pianeggiante contornato da monti, qualche paesino: tutto apparentemente perfetto e funzionante; eppure la numerosità di cimiteri salta subito all’occhio, come colpiscono i monumenti a giovani personaggi militari, ex generali armati di tutto punto caduti per la patria giusto una quindicina di anni fa: una specie di silenzioso rumore di guerra. Tornando al nostro viaggio, dopo la Croazia, la Slovenia e la Bosnia si passa in Montenegro fino ad arrivare in Albania. 

 

La frontiera di un’arteria così importante, richiede circa un’ora di controllo (come del resto per le altre frontiere) per poi immettersi in una straduncola di campagna : la strada principale per arrivare a Scutari. Si resta un po’ sgomenti e, arrancando per stradine senza alcuna indicazione, non resta che pensare di essersi persi … Questa è la sensazione che rimane per tutta la permanenza in questo Paese; e mi viene un‘immagine che dice molto di questa realtà proprio perché parallela a un'altra esperienza vissuta un anno prima in Colombia. Lì, di fronte a un vitello in pericolo di vita per essere caduto in una fossa, si attivano tutti, ci si mette insieme con tutti i mezzi e le forze pur di salvarlo. Qui di fronte a una mucca morta all’immissione di un torrente nel lago che dà la vita a questi territori, tutti  passano, guardano come se non fosse problema loro; e la carcassa, con tutto ciò che comporta in odore e malsanità, si inoltra piano piano nel lago nell’indifferenza di tutti. Questa è l’Albania, la storia di una popolazione alla deriva sotto gli sguardi indifferenti del resto del mondo.  Si tocca con mano la loro miseria e la loro fragilità ma contrasta fortissimo il desiderio di relazione, di umanità. Non ci sono parole per descrivere l’accoglienza delle monache di Nenshat ; anche a chi non avesse mai letto un testo di S. Teresa, nell’incontrarle, avrebbe la percezione di una comunità pervasa di un’unione d’Amore tutta speciale. Arriviamo a Dushaj, ci accolgono tre suore francescane; ci travolge la loro vitalità ed energia…..non solo spirituale; è da vedere come suor Lia guida la sua jeep in una specie di  torrente secco che si identifica con la strada che ci porta alla casa! I miei ragazzi non trattengono lo stupore: “ hai visto la suora!”… Già perché la nostra visione delle persone cosiddette della chiesa – i sacerdoti e i religiosi - è quella di gente un po’ entro una cappa  fatta di programmi e anche di strutture standard- la parrocchia, l’oratorio, il convento, le conferenze, il catechismo , le scuole, i progetti educativi… 

 

Qui è tutto stravolto; la Chiesa è  carne, sudore, fatica …tanta . Don Antonio , un uomo,  cresciuto nel ricco entroterra milanese, vive in un appartamento di un edificio fatiscente  dell’ex regime, con altre famiglie; ha acqua non potabile un’ora al giorno… si fa tutto, da solo, e soprattutto si fa per tutti. Ha uno sguardo particolare per i giovani, in particolare per le ragazze che aiuta concretamente a studiare e ad uscire dalla condizione di emarginazione e di sottomissione all’uomo-padrone a cui sono costrette. Così come Suor Lia e suor Cristiana infaticabili nel darsi indistintamente e senza remore… non si chiedono cosa sanno fare … fanno: medicano, lavano senza alcun diploma di tipo sanitario!  E la gente è lì: viene va, tutti con qualcosa da chiedere: un anziano, con un volto segnato più del suo tempo e con un sorriso ingenuo da bambino, è arrivato una mattina dopo ore di cammino , con un sacco di fagioli sulle spalle con una richiesta insolita alle suore… che gli accorciassero il tempo che gli rimaneva : era stanco tanto stanco… e non si fa fatica a crederci! Le reazioni dei miei figli, quelle immediate di fronte alle cose e alle persone, dicono molto perché scevre dai nostri ragionamenti e giudizi: la percezione della bontà e verità di queste persone, è stata immediata; l’apprezzamento del loro sorriso, della loro accoglienza,  dei buonissimi manicaretti (fatti con ingredienti poveri e molto molto scaduti!), hanno aperto il loro cuore e sono nate relazioni così schiette, vere, che nessuna scuola col miglior metodo educativo potrebbe’ insegnare. Di fronte a tante obiezioni – peraltro fondatissime - che si sentono sulla Chiesa non viene che da dire “andate e vedete”. Se è ancora attuale il messaggio è perchè ci sono testimoni vivi come i religiosi che abbiamo incontrato lì e in tanti altri luoghi. 

 

Nella nostra “missione “ di famiglia, il mio ruolo si differenziava perché mi era stato chiesto di portare la mia esperienza di medico pediatra e con Fabiola , nutrizionista, armate di un sacco do belle idee e progetti ci siamo messe la lavoro. Ci siamo rese conto in brevissimo tempo che le risorse della gente e la cura dei bambini è altro mondo. Era inutile dire a una mamma di dare più carne e meno latte al bambino , quando la loro carne non sono le nostre fettine o il nostro macinato! Concretamente senza denti, è impossibile mangiare carne tagliata in pezzi a caso. Di questo ci siamo resi conto appena abbiamo cercato una macelleria e alla richiesta di qualche bistecca, il macellaio ha tirato fuori un macete e ci ha dato un pezzo informe di carne. Hanno fagioli, formaggi salatissimi (non ci sono altri metodi di conservazione) e le verdure e frutta del loro orto: sempre quelle, pomodori, cetrioli e fagioli cocomeri e meloni , qualche rara pesca, poco altro. E’ un po’ difficile fare educazione alimentare … Proviamo a distribuire spazzolini per i loro denti disastrati già da bambini… Ci dicono che poi non si compreranno  il dentifricio perché costa troppo. Non ci resta che darci da fare a rispondere  alle loro richieste a modo loro… Il loro sistema sanitario prevede un’infermiere per zona di montagna e un medico per più zone. Per capirci questi territori sono  a tre – quattro ore di cammino dall’ambulatorio… quando c’è. Gli infermieri e anche i medici camminano per vedere i pazienti.. quando si puo’; perché d’inverno con la neve tutto diventa praticamente impossibile e banali malattie, curabilissime settanta chilometri oltremare qui possono diventare fatali. 

 

 Incontro Mria, un’infermiera fantastica e sua figlia Jutbina, una ragazza intelligentissima, studente in scienze infermieristiche, che con il suo italiano scorrevole e la sua professionalità diventa il mio pilastro e non solo: la condivisione del lavoro fa nascere un’amicizia speciale. Le propongo, considerata davvero la sua attitudine, di ospitarla da me e farla studiare in Italia: scopro che non è possibile . E’ letteralmente incastrata nella sua cultura. Non è permesso ad una ragazza andare in un’ altra famiglia neppure se conosciuta dai genitori. Semplicemente non sta bene . E lì a malincuore accetta: ci confida che prima del nostro arrivo, sapeva che altrove la vita era diversa…. Ma adesso che ha visto e toccato un diverso modo di vivere il lavoro la famiglia, tutto, le risulta ancor più difficile restare!  Gli ambulatori erano davvero estrosi: da piccole sgabuzzini senza acqua, mai il bagno, riscaldamento non se ne parla, a stanze parrocchiali  e addirittura al retro del nostro fantastico ducato. Normalmente nei nostri ambulatori in Italia, abbiamo apparecchi per la pressione , bilance, statimetro, curve di crescita per i bambini… beh in Albania si lavora virtualmente e presupponi la pressione, la scarsa crescita, e altro ancora. Eppure i bambini sembrano discretamente in buona salute; eravamo preoccupate della loro alimentazione ma sicuramente lo stile di vita loro è più sano di quello dei nostri ragazzi ; noi paghiamo per farli muovere, per socializzare con gli altri li iscriviamo a laboratori e attività varie. 

 

Qui si svegliano al mattina ed escono col loro gregge di pecore e capre fino a sera. Ma basta che qualcuno si prenda cura di loro e subito accorrono come cavallette e ti chiedi da dove spuntino fuori tanti ragazzi. Sete, sete di relazioni. E l’incontro con Flora segna fortemente le nostre vite. Il primo giorno ci accoglie la mamma; Flora è distesa nel letto avvolta da mosche che la madre cerca di allontanare. Il volto triste segnato dalla malattia: leucemia mieloide cronica in stadio molto avanzato. Unica cura iniezioni di morfina dolorosissime che accetta siano fatte solo da Mria, che cammina una buona mezz’ora di giorno e di notte quando Flora la chiama urlando per il dolore. Il secondo giorno andiamo tutti insieme e decidiamo di portare le chitarre e facciamo un po’ di festa con lei. Gli occhi dei miei figli in particolare di Marta, si incontrano profondamente con i suoi. Flora riesce a sedersi sul letto. Il terzo giorno decidiamo di celebrare Messa da lei. Si discute se possa o meno prendere l’Eucarestia e come possa rimanere seduta per il tempo necessario.  I nostri ragionamenti …quanta perdita di tempo. Il Signore è lì presente ci incontra tutti: uno ad uno. Flora partecipa con una Forza che non è da lei. Il quarto giorno, ci viene incontro camminando lungo il sentiero. E’ un’altra Flora e noi siamo altri dall’Amore del Signore che passa attraverso di lei: ne abbiamo tutti compresi  i ragazzi la silenziosa certezza.

 

Niente è così necessario come sapere cosa non è necessario. Rifondarsi sull’essenzialità. Discernimento intellettuale spirituale e fraterno ( chiedere a chi ha esperienza diversa) ma anche esperienziale . Ricominciare reimposta la vita , più si ricomincia e piu si reimposta la vita. La dove ti mette il Signore il Signore vi reinventa. E’ un momento di grazia. Non aspettate alla fine . La para è la nemica uno della fede e paralizza il nostro cammino spirituale. Il rischio è un bisogno essenziale dell’anima (s Weil). L’abitudine uccide l’anima. L’uomo vive perché si relaziona con l’altro chiunque esso sia. La disciplina custodisce i valori. Non si vive per la disciplina. Attenzione che una persona che non parla è una bomba ambulante.  Il mutismo è diverso dal silenzio.